sabato 6 marzo 2010

Messaggio promozionale




Un po’ di tempo fa pensavo che studiare filosofia all’università non avesse senso. Non pensavo fosse una cosa stupida ma semplicemente priva di senso. Non vedevo un utilità a passare intere giornate, mesi, anni, a studiare quanto avesse da dire ogni San Agostino a caso.
Il mio rapporto con la filosofia nasce, come quello di tutti al Liceo, ma non in terza, anno in cui si comincia il corso ma bensì un qualche mese prima, quando una mia compagna, che non so che fine abbia fatto, alla domanda “qual’è la tua materia preferita?” rispose senza nessun tentennamento: -la filosofia!- allora le chiesi il perché non avendo ancora letto nemmeno un paragrafo di quella materia, lei ribattè senza esitazioni che, parole testuali, lei sapeva già di avere “un rapporto speciale con la Filosofia- probabilmente pensando che il pensiero sull’essere di Aristotele fosse simile a quello che si può trovare nei bigliettini dentro Baci Perugina. Quelli che ora scrive Moccia.
Il mio rapporto continuò quando cambiai insegnante. Il nuovo professore lavorava come promotore finanziario nel pomeriggio. La mattina insegnava e il pomeriggio vendeva portafogli di obbligazioni, per permettersi le lunghe partite di squash che faceva il sabato pomeriggio. Riusciva a metterci circa 3 mesi per correggere i compiti scritti che era obbligato a farci fare perché: “lui doveva anche lavorare”, (Non ho ancora trovato una descrizione migliore sul lavoro di un insegnate).
Poi un paio di anni fa ho scoperto un blog, anzi il blog, il migliore blog della blogosfera: http://chinaski77.splinder.com/ ed ho completamente cambiato il mio avviso su questa materia.
L’autore è un ragazzo di 30 anni circa laureato in filosofia e semplicemente lo adoro, controllo tutti i giorni se ha pubblicato qualcosa e alla fine della mia lettura divento per qualche minuto una persona migliore. Se lo conoscessi gli offrirei una birra. Da ogni singola frase su qualsiasi argomento da lui trattato si capisce cosa abbia studiato e il suo metodo di analisi della realtà è simile a quello che trovavo sui libri che ero obbligato a leggere per rimediare un 6- in quella materia, ha una personale visione del mondo e un umorismo incredibile.

Grazie a lui ora ho capito a cosa serve studiare filosofia: al mio divertimento.


P.s. ha scritto anche un libro: "Ristorantopoli", ovvero un approccio filosofico ai ristoranti, favoloso!!

mercoledì 3 marzo 2010

Le invasioni Barbariche






Penso che ogni nazione abbia un certo modo di fare cinema e che il modo in questione si vede, e si vede di brutto se ci sono di mezzo i francesi.
Chi mi conosce sa che io adoro i francesi, mi piace la loro cucina, il loro sense of humor, la loro musica, la loro televisione... e anche i loro film.
Questo film è una collaborazione franco-canadese, la parte canadese è intuibile un po' dalla regia e un po' dall'accento osceno degli attori, e si vede. Penso che solo un francese avrebbe potuto trattare in una maniera così intelligentemente snob un tema come l'eutanasia. Così coraggiosamente snob. Una pellicola del genere in Italia non uscirebbe mai, e anche se uscisse non verrebbe capita. Con questo non voglio dire che voi siate stupidi,( si, un po' si), ma che un argomento così scottante in Italia non verrebbe nemmeno preso in considerazione, ma meglio così effettivamente i Francesi sono più bravi a fare questo genere di cose. Noi al massimo facciamo film sul cambiamento generazionale in corso, o sul rapporto genitore-figlio.
Una pecca abbastanza visibile sono i personaggi, ben definiti e ben interpretati, ma non basta purtroppo a renderli totalmente credibili. Mi aspetterei un malato terminale con un mese scarso di vita con un po' di occhiaie almeno, o un eroinomane un po' meno fresca di una rosa che sboccia al mattino.


P.s. so benissimo che il regista è canadese ma siccome questo blog non lo legge un cane tralasciarò informazioni che pregiudicano la buona riuscita di un post.

Un mondo perfetto

(Clint Eastwood tiene sempre in mano un fucile.
In questa foto non si vede per il semplice fatto che l'inquadratura è troppo alta)

Clint Eastwood è davvero un figo. Lui è, è stato e sarà sempre un tizio con un fucile carico in mano, o nella peggiore delle ipotesi una pistola, ma non una di quelle semiautomatiche del cazzo che sparano raffiche di colpi che si vedono sempre nei film odierni, lui userebbe solo una colt a tamburo.
Credo proprio che quando muorirà, speriamo tra un bel po’, lo seppelliscano con un fucile a doppia canna in una mano e la bandiera degli stati uniti nell’altra, per lui dovrebbe essere il massimo.
In questo suo film del ‘93, suo due volte perché recita e dirige, è, manco a dirlo, un ranger texano, un po’ come chuck norris ma con meno calci rotanti. È un duro, un duro ma giusto, ed è la controparte al protagonista kevin Kostner, un cattivo ma tenero, se si può dire così.
Quest’ultimo evade di prigione con il compagno di cella che non esita a uccidere una volta preso un piccolo testimone di geova come ostaggio, tra i due si instaura un assai commovente rapporto di amicizia nella loro fuga verso il confine. Il film è diretto più che discretamente, senza trovate sensazionali, ma in maniera fluida e precisa e risulta, nonostante la durata, fluido ed entusiasmante, e per dirla tutta il solo Clint Eastwood con gli occhiali a specchio, il cappello da cowboy e la pistola carica vale le 2 ore di film. Ottime interpretazioni anche di Kevin Kostner e del piccolo ostaggio.